Dalla ricerca condotta dal Centro Antiviolenza e Giuditta Creazzo “Intaccare le Radici della Violenza”
“…cioè, io non avevo nessun diritto secondo lui; non avevo diritto proprio di niente. Non avevo il diritto di vestirmi come a me piaceva, nonostante io non cercassi di vestirmi volgarmente …secondo lui io dovevo mettermi tre taglie in più dei miei vestiti, se qualcuno mi regalava qualcosa me le tagliava con le forbici e me li buttava e poi cominciava sempre lì a farmi soffrire perché aveva questa idea che io ero giovane insomma e se mettevo un vestito mi stava bene…ventitre anni!” (coppia di stranieri della stessa provenienza)
“Tre anni non uscivo dalla casa proprio. Era gelosissimo, come se….una non fosse una donna, ma come una cosa sua, come una sedia, come un non lo so.”Devi stare a casa e BASTA!” Volevo andare a scuola e non mi ha fatto andare a scuola.” (una donna russa sposata con un italiano)
“…mio marito alza le mani ed arriva ad essere molto violento, però la sua è soprattutto la violenza psicologica. Quello che lui fa nei miei confronti è proprio una violenza psicologica, un voler annientare la mia personalità. Quello che lui fa, come se fosse un lavoro, è di annullarmi come persona, portarmi ad un punto in cui dire: “Vedi, tu non sei niente! Sei una nullità!”
“Uno schiaffo che mi ha rotto gli occhiali, abbastanza forte quindi. Io sono sincera, ancora di più oggi che non mi racconto balle, la donna vuole stare sempre a galla vuole dire, vuole… la donna deve essere messa a tacere con uno schiaffo… questo rapporto del maschio e della femmina, della patria potestà e tutte queste cose…”
“…ho parlato della mia situazione con le persone che mi giravano intorno, ma non avevo mai individuato che fosse violenza… diciamo che mi crogiolavo dentro l’idea che fosse soltanto una brutta situazione, una brutta vita… ma mai violenza. Ma poi mi sono resa conto che era proprio violenza su di me. Quando ho realizzato questo mi ha fatto incazzare non poco….”
“C’è stata una discussione, chiaramente finita nei peggiori dei modi, con botte da parte sua e lì ho avuto veramente paura… era finita veramente male, con botte, ma forti, calci e pugni, di tutto e di più, ho preso i miei bambini e sono venuta qui al centro”
“In un raptus di rabbia, mi diede un morso nel volto, mi ha lasciato delle lesioni evidenti, il segno dei denti, mi diede anche un pugno allo zigomo che mi fratturò la mandibola e poi il naso….. lasciamo perdere. Andai lì (al centro) con il volto tumefatto e dissi: “Non reggo, non posso andare avanti così”.”
Metafore del cambiamento dopo l’incontro con il centro:
“…mi ha fatto scoprire me stessa e non è poco. Io non avevo ancora capito nulla. Sentivo che vi era qualcosa di diverso dentro di me ma non lo avevo ancora colto. E’ stato un parto. Quando mi sono partorita, a quel punto lì mi sono riconosciuta.”
“Questa per me è stata una grande conquista come donna, essere uscita dalla famiglia d’origine, dal nucleo delle proprie conoscenze, senza niente, da sola, come se fossi nata quello stesso giorno, quando me ne sono andata e ho preso il treno. Nascere non è facile, i bambini soffrono quando nascono, è stato ripercorrere tutta la mia nascita, tutto il mio vissuto.
“…mi sentivo dietro una porta alla quale bussavo… e ho visto porta che si stava aprendo”
“Vuol dire non andare sotto una macchina ed avere questa possibilità di… cominciare un’altra vira. Perche questa è come una nascita.”
“Per me sono state proprio il traghetto che mi ha portato ad andare su di una sponda, non so, la barchetta che mi ha messo in mezzo all’oceano dove non avevo neanche una zattera e mi hanno messo sulla riva.”
“Per me sono state quelle che mi hanno spalancato le finestre, che hanno aperto quella famosa porta, in quel incubo. E io non è che non sapessi che cosa dovevo fare prima, ma un futuro non lo vedevo. Non lo vedevo perché il fatto di non avere possibilità economiche, niente, non mi faceva vedere degli spiragli. Sapevo solo che volevo vivere, ma non sapevo come. Loro mi hanno dato la possibilità del come e del dove. Che non è poco; io ci tengo troppo, anche perché ho intenzione di campare a lungo, ho bisogno di rifarmi tanti di quegli anni!”
“Quindi le ragazze dell’associazione ti aiutano a delinearti. Guarda se vuoi recuperarti puoi fare questo e questo. Noi a tappe ti diamo una mano, facciamo il possibile, ma non facciamo noi il lavoro per te. Perché non va bene, non è giusto, non è recupero questo. ….Io ho avuto il l’aiuto ed il recupero perché anche la mia volontà, una volta presa coscienza del percorso da fare è stata d’accordo. La mia volontà l’ho tirato fuori. Non ho lasciato che altri facessero il lavoro per me. Ho collaborato, ho contribuito. Quando avevo dubbi chiedevo, quando avevo paure chiedevo. Mi facevo sentire. Le operatrici si tengono in contatto. Questo tipo di associazione non ti porta ad una dipendenza, altrimenti passi da una dipendenza ad altra. Ma ti deve dare autonomia, rispetto di te e per aiutarti a fare questo ti deve far capire chi sei. Una volta che si innesca il processo dell’autostima ecco che la donna può veramente dire di aver fatto un percorso. “
“Mi hanno spalancato tutto con estrema capacità, senza darmi illusioni; una cosa che mi è piaciuta molto è che loro non dicevano: “Sarà tutto facile…” Però loro probabilmente, con la loro esperienza, sapevano che illudere una persona che una volta uscita di casa il mondo si sarebbe aperto ai tuoi piedi sarebbe stato assurdo, anzi forse avrebbe di fatto peggiorato. Stando con i piedi sempre molto per terra, ma questo mi ha permesso di mettermi in gioco.”
“Penso che ce ne sono state tante e ve ne saranno ancora e mi sembra impossibile …. accettare quello che è accaduto migliorandosi. .. tu puoi guardare in faccia alle tue paure, però è una cicatrice. Non è che la ferita…. si rimargina, e per guarire la devi riaprire ed entrarci dentro, perdonandoti per essere stata così poco accorta, perché comunque il tuo vissuto non lo hai vissuto solo tu….hai coinvolto anche delle famiglie, la tua famiglia, coinvolgi i bambini….non parlo di me perché i figli non li ho avuti, ma è grande la responsabilità che la donna deve affrontare durante questo percorso, perché deve veramente trasformarsi, se ne vuole uscire, se vuole diventare una persona nuova, rigenerata. …… L’associazione delle donne non sta facendo solo un lavoro di recupero momentaneo o di rifugio, è un punto di partenza. Una volta che tu hai fatto un percorso, che hai preso una decisione, che sei determinata a volere cambiare il tuo modo di essere…. perché al fuori di questo continuerai ad incontrare un altro uomo che farà la stessa cosa.”