Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime la propria solidarietà alla Rete Lombarda dei Centri Antiviolenza
I centri antiviolenza in Italia hanno una lunga storia, un percorso politico e teorico, un incessante lavoro di apprendimento che ha condotto all’elaborazione di pratiche a sostegno delle donne che subiscono violenza. La politica non può disconoscere questa storia e questa professionalità.
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime la propria solidarietà alla Rete Lombarda dei Centri Antiviolenza, che in questo momento si trova a lottare per difendere la metodologia e i criteri che caratterizzano i centri antiviolenza aderenti alla rete nazionale D.i.Re. La Regione Lombardia sta imponendo criteri di inserimento nell’Albo Regionale che consentono l’accesso a enti, associazioni e fondazioni che non hanno le caratteristiche dei centri antiviolenza. Non ci si improvvisa centri antiviolenza: è fondamentale che siano assunti quali criteri discriminanti la presenza di sole operatrici donne e l’applicazione della metodologia dell’accoglienza in un contesto che dia continuità al progetto delle donne come previsto dall’art. 1 dell’intesa Stato-Regioni e dalla Convenzione di Istanbul.
Come Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna, riteniamo grave l’imposizione di procedure e normative non coerenti con una metodologia che mette al centro la sicurezza delle donne. Apprendiamo con preoccupazione che la sottoscrizione di protocolli interistituzionali vincolati ai progetti regionali implica, come prospettato dalla Regione Lombardia, l’adesione al sistema ORA, i cui criteri ignorano principi fondamentali del lavoro dei centri antiviolenza, quali l’anonimato, la segretezza e la sicurezza delle donne.
Ci auguriamo che questa iniziativa della Regione Lombardia non costituisca un pericoloso antecedente e che l’appello delle colleghe della Rete Lombarda dei Centri Antiviolenza venga ascoltato.